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Ha chiamato a raccolta i responsabili dell’innovazione di aziende come Eni, Enel, Terna, Leonardo, Poste e Ferrovie dello Stato per firmare il Patto per la ricerca. L’obiettivo del ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca Lorenzo Fioramonti è mettere allo stesso tavolo grandi industria, università, centri di ricerca e sindacati.
Il patto prevede 5 impegni da parte delle imprese e altri 5 da parte del Governo. Le aziende garantiranno investimenti in ricerca, sviluppo sostenibile, co-produzioni con università e centri di ricerca e promettono di fare della ricerca il cuore del made in Italy e di puntare sul lavoro qualificato. Il Governo, invece, promuoverà ricerca e innovazione sociale sul territorio, internazionalizzazione, qualità del lavoro, qualità del lavoro e l’Agenzia nazionale per la ricerca e l’innovazione.
Quest’ultima sarà partecipata dalle imprese italiane: “Sarà struttura nazionale sul modello del coordinamento dei Research Council britannici e delle Agenzie per l’innovazione israeliane che avrà il compito di finanziare brevetti e co-produzione tra pubblico e privato, oltre al più tradizionale trasferimento tecnologico”, ha detto il Ministro Lorenzo Fioramonti.
Un dramma italiano
“Inizieremo nelle prossime settimane a sottoscrivere il Patto con le confederazioni di grandi imprese e piccole e medie imprese che sono disposte a impegnarsi. Alla base di tutto c’è un dramma italiano”, ha spiegato il Ministro Fioramonti. “Ogni volta che un laureato lascia il nostro Paese, noi perdiamo una persona che abbiamo formato con le nostre risorse e che poi ci farà concorrenza sui mercati internazionali, è un assegno da 250mila euro che versiamo sul conto di un altro Paese. Non deve più accadere. In Italia, fra settore pubblico e privato, in ricerca e formazione si investe meno dell’1,4% del Pil del 2017. Dobbiamo puntare tanto sulla centralità della ricerca e dei ricercatori per dare un nuovo modello di sviluppo”.
L’appello
Fioramonti – aprendo il convegno che ha organizzato chiamando gli esponenti di università, associazione di categoria, industria e sindacati – ha chiesto alle imprese, piccole, medie e grandi, investimenti in ricerca e sviluppo che rappresentino almeno minimo del 3 per cento degli utili con “normative incentivanti, come il credito d’imposta per ricerca e formazione”.